Quanto vale la Psicologia o più precisamente, quanto valgono le informazioni psicologiche delle persone?
In breve, TANTO! e forse non sappiamo ancora davvero quanto.
Oltre ad essere una questione economica è anche una questione di tutela!
I dati psicologici possono essere definiti come tutte quelle informazioni che rivelano la personalità, le emozioni e il comportamento di un individuo. Questi dati possono essere raccolti attraverso questionari, test psicologici, monitoraggio dell’attività cerebrale, indirettamente tramite segnali fisiologici (battito cardiaco, conduttanza cutanea), attraverso APP per smartphone o indossabili.
Ma perché questi dati sono così importanti?
Si potrebbe scrivere un intero articolo per rispondere a questa domanda, per punti:
- Aiutano a comprendere il comportamento umano: capire come gli individui pensano, sentono e si comportano in situazioni specifiche. Possono essere utilizzati per sviluppare teorie, modelli e approcci per spiegare e prevedere il comportamento umano.
- Consentono di identificare i problemi di salute mentale: aiutano a identificare i problemi di salute mentale e a fornire un’assistenza più mirata e personalizzata alle persone che ne hanno bisogno.
- Migliorare la performance e la produttività: aiutano a identificare i fattori che influenzano la performance degli individui sul posto di lavoro e possono essere utilizzati per sviluppare programmi di formazione e interventi per migliorare la produttività.
- Prendere decisioni informate: possono essere utilizzati in vari contesti, come nella selezione del personale, nella gestione del personale e nella progettazione di programmi di intervento.
Questi sono solo alcuni dei perché i dati psicologici sono importanti. Già da qui dovrebbe emergere un’idea quantomeno generale di quanto potrebbe essere il valore di queste informazioni.
Perché è necessario prendere consapevolezza di questo tema e cosa è cambiato “recentemente”?
Qualche giorno fa è uscito un articolo sul Washington Post dal titolo “Now for sale: Data on your mental health” che mette in chiaro lo scenario (a tratti inquietante) dipinto da uno studio condotto dalla Duke University.
Negli anni, soprattutto della pandemia, le APP di salute mentale (circa 10.000 e più sugli store) e i servizi online hanno raccolto milioni e milioni di informazioni sulle persone inerenti alle problematiche connesse a depressione, ansia, stress ecc.
La questione non riguarda solo la popolazione americana ma praticamente tutti dato che spesso quelle stesse APP e siti internet sono distribuiti anche in Europa e in Italia e i dati raccolti transitano in vari server non necessariamente locali.
Il report riportato dal Washington Post ha riguardato l’analisi compiuta su diverse aziende specializzate nella compravendita di dati personali.
Cosa emerge dal report?
I broker contattati erano in grado di fornire informazioni particolarmente sensibili su problematiche quali ansia, ADHD, disturbi dell’attenzione, depressione, ed anche informazioni quali etnia, sesso, codice postale, religione, numero di figli, stato civile, patrimonio ecc.
Il listino prezzi dei broker per queste informazioni variava dai 275 dollari per i dati aggregati su 5.000 individui fino a 100.000 dollari l’anno per l’accesso in abbonamento a informazioni che includevano dati sulla salute mentale delle persone.
Se è pur vero che molti broker dichiaravano che non avrebbero condiviso dati in chiaro, qualcuno era in grado di fornire dati in merito alla salute mentale delle persone includendo anche nomi indirizzi postali ecc.
In generale è emerso come alcuni broker potevano commercializzare informazioni particolarmente sensibili sulla salute mentale delle persone con poco controllo sui clienti che acquistavano questi dati e sull’uso che questi acquirenti ne avrebbero fatto.
Questi ultimi due aspetti (controllo sui clienti e uso dei dati) dovrebbero far cadere la mascella soprattutto alle istituzioni di rappresentanza delle professioni sanitarie spingendole verso una maggiore attenzione. Non solo per una questione meramente economica ma anche di tutela!
La protezione dei dati è diventata una delle preoccupazioni principali negli ultimi anni, a causa dell’esplosione dell’utilizzo di internet e della tecnologia digitale. In particolare, i dati psicologici sono diventati un argomento di grande interesse, poiché, come definito all’inizio, possono essere utilizzati per influenzare il comportamento delle persone, creare profili personali e persino per scopi commerciali.
Fin dove possiamo arrivare?
E se affiancassimo il valore dei dati psicologici alla prevenzione primaria delle malattie croniche (ipertensione, diabete ecc.) o la gestione di queste?
Basti sapere che ad oggi la spesa per la gestione delle malattie croniche costa 700.000.000.000 di euro l’anno all’Europa. SETTECENTO MILIARDI.
La ricerca “suggerisce” da tempo come la prevenzione primaria di queste malattie e quindi gli stili di vita e quindi la psicologia delle persone dovrebbe essere il primo target per ottenere un risparmio significativo per la gestione di queste.
Una questione non recente!
Il Financial Times già nel 2013 aveva creato un calcolatore per stimare quanto i dati potrebbero valere in base ad una serie di variabili (tra cui quelle psicologiche) per aiutare gli utenti a comprendere quanto guadagna l’industria miliardaria dei broker.
In definitiva, quello che sembra emergere in generale è che là fuori, broker, assicurazioni, aziende, case di sviluppo software, sanno molto bene quanto possono valere i dati psicologici.
E noi, ora, lo sappiamo?!