Che cos’è la realtà virtuale? Inventata negli anni 50, la realtà virtuale, o VR (dall’inglese Virtual Reality) è composto da un insieme di dispositivi elettronici in grado di consentire un nuovo tipo di interazione uomo-computer (Steuer, J. 1992). Formata da due anime, (una esperienziale e l’altra tecnologica) un dispositivo di VR può consistere in un visore (ovvero nell’head-mounted display o HMD) che, una volta indossato dall’utente, mostra un ambiente tridimensionale in cui gli utenti possono relazionarsi a 360°gradi. Vi sono altre tipologie di VR come i Cave ma ne parleremo in un altro articolo.
L’esperienza mediale del soggetto coinvolto cambia radicalmente: da mero osservatore di un’azione ne diventa protagonista attivo (Lazzeri, M. 2011). Questo processo di interazione con il mondo virtuale, reso possibile grazie ai sensori di rilevamento presenti nei controller e a quelli presenti nell’HMD, produce quello che solitamente viene definito “senso di presenza”: cioè la sensazione di essere fisicamente nell’ambiente virtuale. Le informazioni visive e sonore vengono restituite al soggetto attraverso particolari strumenti di output integrati nel visore stesso. I feedback tattili sono resi invece possibile grazie all’ausilio di guanti aptici o tramite vibrazioni nei controller.
Lo sviluppo della realtà virtuale ha conosciuto, nel corso della storia, uno sviluppo caratterizzato da alti e bassi. Una pietra miliare, nonché precorritrice di tale tecnologia, fu il Sensorama nel 1956. Una macchina pensata per il cinema dell’esperienza creata dal regista e inventore Morton Heilig. Molto simile a un cabinato arcade stile anni 80, il lavoro pioneristico di Hellig offriva allo spettatore la possibilità di stare per le strade di Brooklyn in sella a una motocicletta e con il vento sulla faccia. Inoltre, fedelmente riprodotti all’interno del cabinato erano le vibrazioni sul manubrio, i suoni e gli odori (scarichi degli autobus, il profumo della pizza, ecc…) della città riprodotta in 3D.
Nel 1968 lo scienziato informatico Ivan Sutherland assieme al suo studente Bob Sproull, inventano The Sword of Damocles ovvero il primo sistema HMD. Tre anni prima lo stesso Sutherland, in un articolo da lui scritto mentre era a capo dell’Information Processing Techniques Office, aveva già immaginato un display montato sulla testa della persona cambiando prospettiva quando l’utente si muoveva.
Ad ogni modo, il termine “realtà virtuale” è stato utilizzato per la prima volta a metà degli anni ’80 da Jaron Lanier, fondatore della VPL Research. Fu proprio Lanier stesso a iniziare a sviluppare l’attrezzatura, inclusi occhiali e guanti, necessari per sperimentare la VR.
I dispositivi odierni sono stati sviluppati grazie al contributo di John Carmack e Palmer Lucky nel progettare e creare nel 2010 l’Oculus Rift.
Andando avanti con gli anni, il mercato si è evoluto sempre di più. Dai visori collegati al PC, come può essere l’HTC Vive (2014-2017) si è passati ai visori per console (PSVR di Sony) fino a quelli pensati per dispositivi mobili (Samsung Gear o Google Cardboard).
Dal suo naturale concepimento, la realtà virtuale (Cipresso et al., 2018) si è dimostrata utile in diversi campi: ludica (Lazzeri et al., 2021), per l’addestramento militare (Alexander et al., 2017), per le simulazioni di procedure chirurgiche (Gallagher et al., 2005 ), per il miglioramento dei tradizionali sistemi di riabilitazione motoria (Lazzeri. M et al. 2021; Borrego et al. 2016) nonché a favore trattamenti psicologici (Freeman et al., 2017).
Più in dettaglio, nel trattamento psicologico, la Virtual Reality Exposure Therapy ha dimostrato la sua efficacia, consentendo ai pazienti di affrontare gradualmente stimoli di paura o situazioni di stress in un ambiente sicuro dove le reazioni psicologiche e fisiologiche possono essere controllate dal terapista (Botella et al., 2017).
Nel 2015 Chris Milk, un noto regista musicale e fotografo, ha definito la realtà virtuale la “macchina per l’empatia”. Nello stesso anno, in occasione del Sundance Film Festival, fu presentato un docuVR dal titolo Project Syria ovvero un pezzo di giornalismo immersivo che raccontava la difficile situazione dei bambini rifugiati in Siria. Gli spettatori attraverso l’uso del visore potevano sentire la potenza degli spari sopra la testa e vivere l’esperienza di essere al centro di un campo spalla a spalla con altri siriani.
Tuttavia, è soltanto grazie alla letteratura e all’evidenza empirica se tale affermazione si è consolidata. Tra le tante ricerche a supporto, uno studio dal titolo Building long-term empathy: A large-scale comparison of traditional and virtual reality perspective-taking (Herrera et al., 2018) ha dimostrato come un’esperienza immersiva fatta in realtà virtuale aumenti maggiormente la capacità empatica dei soggetti rispetto a chi invece non ne fa uso. Nell’esperimento in questione ad un gruppo di partecipanti è stata consegnata una storia da leggere in cui veniva loro chiesto di immaginarsi in prima persona. La vicenda narrava l’esperienza di una persona che, sfrattata e privata di tutto ciò che possedeva, si è ritrovata a vivere come un senzatetto. Il secondo gruppo invece, grazie a un visore per la realtà virtuale e dei joystick ha vissuto in prima persona l’esperienza di un homeless. In entrambi i due gruppi, i risultati dell’esperimento hanno dimostrato come l’attitudine empatica sia presente. Nondimeno, il secondo gruppo, aveva manifestato atteggiamenti più propositivi e duraturi e una condizione di empatia maggiore verso i senzatetto.
Durante la lettura dell’articolo abbiamo imparato a conoscere un po’ a fondo la realtà virtuale. Da mero e sconosciuto strumento, abbiamo intravisto quali siano state le sue origini nel corso della storia e di come, ad oggi, si sia evoluta. Attraverso una visione più approfondita e obiettiva, abbiamo iniziato a comprendere quali siano i suoi utilizzi campi (sportivo, psicologico, ecc…) che esulano dall’uso principalmente comune, ovvero quello ludico, dettato da una scarsa campagna di comunicazione. Inoltre, ma questo verrà approfondito da altri articoli, abbiamo imparato a conoscere come possa la realtà virtuale essere considerata una “macchina per l’empatia”.
Alexander, T., Westhoven, M. e Conradi, J. (2017). “Ambienti virtuali per l’istruzione e la formazione orientate alle competenze”, in Advances in Human Factors, Business Management, Training and Education , (Berlino: Springer International Publishing), 23-29. doi: 10.1007 / 978-3-319-42070-7_3
Borrego, A., Latorre, J., Llorens, R., Alcañiz, M. e Noé, E. (2016). Fattibilità di un sistema di realtà virtuale ambulante per la riabilitazione: parametri oggettivi e soggettivi. J. Neuroeng. Riabilitazione. 13:68. doi: 10.1186 / s12984-016-0174-171
Botella, C., Fernández-Álvarez, J., Guillén, V., García-Palacios, A. e Baños, R. (2017). Recenti progressi nella terapia dell’esposizione alla realtà virtuale per le fobie: una revisione sistematica. Curr. Reparto psichiatrico 19:42. doi: 10.1007 / s11920-017-0788-4
Cipresso, P., Chicchi Giglioli, I. A., Raya Alcaniz, M., Riva G. (2018). The past, present, and future of Virtual and Augmented Reality Research: a network and cluster analysis of the literature. Front. Psychol. doi.org/10.3389/fpsyg.2018.02086
Freeman, D., Reeve, S., Robinson, A., Ehlers, A., Clark, D., Spanlang, B., et al. (2017). Realtà virtuale nella valutazione, comprensione e trattamento dei disturbi di salute mentale. Psychol. Med. 47, 2393–2400. doi: 10.1017 / S003329171700040X
Gallagher, AG, Ritter, EM, Champion, H., Higgins, G., Fried, MP, Moses, G., et al. (2005). Simulazione di realtà virtuale per la sala operatoria: formazione basata sulle competenze come cambio di paradigma nella formazione delle abilità chirurgiche. Ann. Surg. 241: 364. doi: 10.1097 / 01.sla.0000151982.85062.80
Herrera, F., Bailenson, J., et al. (2018). Building long-term empathy: A large-scale comparison of traditional and virtuale reality perspective-taking, in Plos One, doi.org/10.1371/journal.pone.0204494
Lazzeri, M. (2011) La Realtà Virtuale in Psicologia Clinica, [tesi magistrale] in: Terapie senza diretto intervento del terapeuta, Del Corno F., Lang M., Elementi di Psicologia Clinica, Franco Angeli, Milano, 2013.
Lazzeri, M., et al.(2021). Il mondo degli exergames : tra potenzialità e ambiti di intervento? Retrieved 07.10.2021 from https://www.stateofmind.it/2021/06/exergames-potenzialita-intervento/
Steuer J. (1992), Defining virtual reality: Dimensions determining telepresence, in Journal of Communication, 42, (4), pp. 73-93.