In Italia, le malattie croniche rappresentano la principale causa di mortalità secondo l’OMS. Sarebbero 24 milioni (Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane) le persone interessate da una malattia cronica e questo dato è in crescita.
Le malattie croniche rappresentano un peso elevato per le risorse del sistema sanitario nazionale, con le spese che ammontano a 67 miliardi di euro l’anno.
Emerge come in generale richiederanno il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale poiché le patologie croniche, come diabete, malattie cardiovascolari, cancro e disturbi respiratori, sono caratterizzate da una progressione lenta e richiedono cure a lungo termine.
In Italia, si prevede che la situazione delle malattie croniche continuerà a peggiorare a causa dell’aumento dell’età media della popolazione e dell’aumento dei fattori di rischio, come l’obesità e la sedentarietà. Tuttavia, se si agisce in modo tempestivo, è possibile ridurre la prevalenza di queste patologie e migliorare la qualità della vita delle persone colpite.
In Toscana, i malati cronici sono poco più di 1 milione e 450 mila pari al 39% della popolazione regionale. Una percentuale sicuramente significativa.
Secondo la letteratura, le principali cause delle malattie croniche sono un insieme di fattori che includono stile di vita, genetica, ambiente e altri fattori che influiscono sulla salute.
Nello specifico, alimentazione scorretta, mancanza di esercizio fisico, fumo e abuso di alcool sono tutti fattori di rischio modificabili che contribuiscono allo sviluppo di molte malattie croniche.
Ed inoltre fattori come lo stress, la mancanza di sonno e la scarsa gestione delle condizioni mediche esistenti possono anche aumentare il rischio di sviluppare malattie croniche.
Dal documento della Regione Toscana emerge proprio come sia di primaria importanza puntare sul concetto di prevenzione primaria attraverso l’adozione di stili di vita adeguati.
Quale strategia?
Un approccio globale che passa dalla prevenzione primaria ma anche verso una maggiore compliance e aderenza terapeutica; obiettivi che potrebbero essere raggiunti attraverso azioni multiprofessionali (medici, diabetologi, psicologi ecc.) e territoriali, ad esempio all’interno delle case della salute, e prestazioni di telemedicina con dispositivi mobile (eHealth e mHealth) tramite la farmacia dei servizi.
Con una maggiore consapevolezza e un approccio multidimensionale, possiamo migliorare la salute della popolazione e ridurre il costo per il sistema sanitario.
Partendo proprio dagli stili di vita, cosa emerge dal know-how psicologico?
Nell’arco di vari decenni la ricerca in ambito psicologico ha accumulato un importante base di conoscenza per comprendere i motivi che spingono le persone a scegliere determinati stili di vita e a prendere decisioni che influiscono sulla loro salute.
Uno studio pubblicato nel “Journal of Health Psychology” (2008) ha esaminato il legame tra le emozioni e le scelte alimentari. I risultati hanno mostrato che le persone che vivevano situazioni stressanti tendevano a mangiare di più e a scegliere cibi più calorici e meno salutari. Risulta chiaro come le emozioni e lo stato psicologico possano influire sulle scelte alimentari e, di conseguenza, sulla salute.
Un altro studio pubblicato nel “Annual Review of Clinical Psychology” (2015) ha esaminato il legame tra la depressione e l’attività fisica. I risultati hanno mostrato che le persone depresse sono meno propense a praticare attività fisica rispetto a quelle che non lo sono. Questa relazione sembra essere vera anche in senso inverso, ovvero praticare attività fisica aiuterebbe a gestire la depressione (Stanton e Reaburn, 2014)
In pratica emergerebbe che, puntare su un maggiore benessere psicologico generale, potrebbe essere estremamente strategico.
Il ruolo delle Abitudini negli stili di vita
Sembra che soprattutto le abitudini, intese come comportamenti ripetitivi poi automatici, possono avere un ruolo nei comportamenti salutari. Più difficili da modificare ma cruciali per il mantenimento di stili vita sani.
Ad esempio, uno studio pubblicato nel “Journal of Consulting and Clinical Psychology” (2010) ha esaminato l’efficacia delle tecniche di cambiamento delle abitudini nell’adozione di stili di vita salutari. I risultati hanno mostrato che le tecniche di cambiamento delle abitudini sono state efficaci nel migliorare la dieta, l’attività fisica e la gestione del peso.
Una ricerca pubblicata nel “Health Psychology Review” (2015) ha esaminato il ruolo delle abitudini nella regolazione comportamentale. I risultati hanno mostrato che le abitudini possono aiutare a mantenere un comportamento salutare anche in presenza di ostacoli o difficoltà.
In definitiva, sembra emergere come non solo la gestione di problematiche psicologiche come la depressione e lo stress sembrano essere dei target interessanti per puntare a sviluppare stili di vita sani, ma anche le abitudini rivestirebbero un ruolo importante soprattutto nel mantenimento di comportamenti sani anche attraverso le difficoltà.
Oords, J., & Dewitte, M. (2010). The habit change workers’ model: How to change a habit through habit-specific self-regulatory strategies. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 78(4), 553-564
Verplanken, B., & Aarts, H. (2015). Habits in health behavior. Health Psychology Review, 9(1), 1-14.
Brunstrom, J. M., & Mitchell, G. L. (2008). Emotional eating: An examination of the cognitive and physiological factors involved. Journal of Health Psychology, 13(2), 185-194.
Dishman, R. K., O’Connor, P. J., & Skelly, A. M. (2015). Exercise and depression. Annual Review of Clinical Psychology, 11, 449-478.
Stanton R, Reaburn P. Exercise and the treatment of depression: a review of the exercise program variables. J Sci Med Sport. 2014 Mar;17(2):177-82. doi: 10.1016/j.jsams.2013.03.010. Epub 2013 Apr 18. PMID: 23602562.
Kivimäki, M., & Banks, J. (2010). The association of stress and physical health: A review of recent evidence. Annual Review of Public Health, 31, 143-162.