Appena uscito su Netflix, The Adam Project narra le vicende del pilota Adam Reed (Ryan Reynolds) che scappa dal 2050 per raggiungere i giorni nostri per… NO spoiler.
Purtroppo, le cose non vanno per il verso giusto e invece di raggiungere la data impostata nel computer di bordo si ritrova nel 2022 in compagnia di un sé stesso (Walker Scobell) molto più giovane. Un sé stesso arrogante, dalla “lingua lunga” e in piena fase adolescenziale.
Qui i viaggi nel tempo si portano immediatamente sullo sfondo per lasciare spazio ad un film leggero, simpatico, a tratti ironico come Hollywood ci ha abituato negli ultimi anni.
Dopo circa 15 minuti si passa da un film sui viaggi temporali ad una seduta di Analisi Transazionale. Un Io Adulto che incontra e si scontra con un Io Bambino fin quando non interviene anche una sorta di Io Genitore.
Sono veramente tanti i momenti nei quali l’Adam adulto e l’Adam bambino comunicano fino al momento in cui il rapporto si blocca per una ovvia differenza di aspettative e punti di vista macroscopicamente diversi.
Da un’iniziale entusiasmo dell’Adam bambino nello scoprire che diventerà un pilota di arei futuristici e in grado di viaggiare nel tempo, ad una forte disillusione del sé stesso adulto. Ecco che a questo punto del film le parti quasi si invertono e l’Adam giovane diventa la parte adulta e viceversa.
Il regista, Shawn Levy, non si lascia scappare anche la possibilità di inserire una perdita, quella del padre di Adam (Mark Ruffalo). Perdita che resta più sullo sfondo fino quando non si intuisce che in realtà potrebbe essere la chiave di volta di tutto il film. Chissà…
Il punto di svolta? Quando i due Adam durante le loro conversazioni e scontri ricostruiscono insieme il proprio passato e l’Adam adulto comprende che molti ricordi, quelli più positivi, si erano persi nel tempo sostituiti da “assenze” non proprio vere; ecco che spuntano falsi ricordi che vengono rielaborati e tra la rabbia e la spacconeria si insinua quella sana tristezza che porta ad un nuovo salto, non solo temporale, di Adam.
Insomma, un film che alla fine più che di viaggi nel tempo parla di viaggi e salti verso stati diversi del Sé e di una lunga e non proprio facile accettazione.
Film godibile che fa divertire e che aiuta a staccare il cervello ma che regala, a voler vedere di più, qualche spunto su quello che poi, in un certo senso, avviene realmente nello studio di uno psicologo.
Chissà Berne negli anni ’50 cosa ne avrebbe pensato.
Infine, grande prova da attore dell’Adam adolescente interpretato dal giovane Walker Scobell, veramente bravo!
ps. e la mamma interpretata da Jennifer Gardner o il personaggio di Zoe Saldana?! Non si aggiunge altro, altrimenti si svela troppo del film…